jueves, 30 de agosto de 2012

nota de centro ateneo de bioetica sobre la sentencia de TEDH contra Italia

El Tribuna Europeo de Derechos Humanos inmerso en una jurisprudencia creativa que extiende de forma impropia lo firmado por lo Estados, se ha vuelto eugenista y condena a Italia he aqui un breve comentario del Centro Ateneo de Bioética de Milán.
Nota del Centro di Ateneo di Bioetica dell’Università Cattolica
sulla bocciatura da parte della Corte europea dei diritti
dell’Uomo del divieto alla diagnosi pre impianto (legge 40)
Roma, 28 agosto 2012 - Con una breve sentenza (provvisoria) la Corte europea
dei diritti dell’Uomo ha dato ragione a una coppia italiana, portatrice sana di una
patologia genetica, che voleva accedere alla procreazione medicalmente
assistita per selezionare gli embrioni sani da quelli malati.

La legge 40 è stata pensata e proposta con un intento chiaro: permettere alle
coppie sterili di poter ottenere una gravidanza, ponendo al centro non soltanto
l’interesse della coppia, ma anche il valore dell’embrione umano, di quel “figlio”
desiderato per cui si accedeva a questa tecnica stessa. Per questo motivo si era
vietata la selezione degli embrioni.
La Corte europea dei diritti dell’Uomo afferma oggi che il divieto di selezione degli
embrioni, stabilito dalla legge 40, sarebbe in contrasto con la legge 194 che
consentirebbe il cosiddetto “aborto terapeutico”. In realtà, la legge 194 consente
l’aborto di un feto affetto da patologia non perché malato, ma perché la madre
dichiara che la continuazione della gravidanza metterebbe a repentaglio la sua
salute psichica o fisica.
Le due leggi, formalmente, sono coerenti nel vietare l’eliminazione di un
embrione o di un feto perché malati: la malattia, infatti, non può essere causa di
minor tutela.
La Corte europea interpreta il divieto di accesso alla fecondazione assistita per la
selezione degli embrioni come un’ingerenza e una violazione dei diritti alla vita
privata e familiare, alla privacy.
In realtà, accogliendo questo ricorso, la Corte europea dei diritti dell’Uomo si
allinea a quella tendenza, definita di eugenetica liberale, che privilegia gli
interessi della coppia e pone sotto silenzio il problema della tutela della vita
nascente, specie quando è malata.
Eppure, la recente Convenzione Onu sui diritti delle persone con disabilità ha
sancito con chiarezza il divieto di abortire un feto o un embrione perché malati e
affetti da grave disabilità. Ma quando sono in gioco gli interessi immediati degli
adulti e ci si appella ai loro diritti, queste dichiarazioni diventano invisibili, come lo
sono alla coscienza morale di molti, quei figli che chiamiamo embrioni.

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